ORSON WELLES - TOUCH OF EVIL

INNER_SPACES AUTUNNALE 2025 - ITINERARI INSOLITI

Lunedì, 6 Ottobre

h.20.30 Auditorium San Fedele

PROIEZIONE

TOUCH OF EVIL (1958)
Orson Welles (1915-1985)
VO con sottotitoli in italiano

Nel quarantesimo anniversario della scomparsa di Orson Welles (1915–1985), rendere omaggio a una delle sue opere più audaci e visionarie significa restituire attenzione a un capolavoro che, per troppo tempo, è rimasto ai margini della storia ufficiale del cinema. Touch of Evil (1958), girato in gran parte di notte al confine tra Stati Uniti e Messico, è molto più di un noir di fine stagione: è un film spartiacque, un’opera crepuscolare che annuncia la dissoluzione del genere e, al tempo stesso, il suo superamento.
La vicenda ruota attorno a un’indagine di polizia in una cittadina di confine, ma sotto l’apparente meccanismo del thriller si cela un’analisi feroce del potere, della corruzione e della manipolazione della verità. Al centro del film si erge la figura del capitano Hank Quinlan, interpretato dallo stesso Welles: un uomo torvo, obeso, consumato dal cinismo e dalla sua stessa idea di giustizia, capace di sacrificare l’etica sull’altare dell’efficienza. La sua opposizione al giovane ispettore messicano Vargas (Charlton Heston) mette in scena un dramma morale che non si risolve nella contrapposizione tra buoni e cattivi, ma si addentra in zone grigie di straordinaria complessità.
Le innovazioni formali di Touch of Evil sono tuttora stupefacenti. Il piano sequenza iniziale, lungo oltre tre minuti, è diventato leggendario per la sua fluidità e per la capacità di creare tensione narrativa senza alcun dialogo. Ma più in generale, il film si distingue per un uso audace del montaggio, della luce e del suono: le ombre taglienti, le inquadrature sghembe e le ambientazioni notturne creano un’atmosfera di inquietudine che anticipa molte delle ossessioni del cinema moderno. La colonna sonora di Henry Mancini, con il suo mix di jazz, rumori ambientali e suggestioni latine, contribuisce a rendere ancora più ambigua la dimensione percettiva del racconto.
Per Orson Welles, Touch of Evil rappresenta l’ultimo confronto con il sistema hollywoodiano, che già lo aveva emarginato dopo Citizen Kane e The Magnificent Ambersons. Il film fu infatti rimontato senza il suo consenso dallo studio, e solo molti anni dopo è stato possibile ricostruire — grazie a un celebre memo di 58 pagine — una versione più vicina alla sua visione originale. Oggi, questa edizione restaurata ci permette di apprezzare appieno la coerenza e la radicalità dell’idea di cinema di Welles: un’arte non del compromesso, ma della tensione e dell’invenzione.
Presentare oggi Touch of Evil non è solo un atto di memoria: è un gesto necessario per riflettere sul linguaggio cinematografico, sulla responsabilità dell’autore, sulla fragilità delle istituzioni e sulla persistente attualità del lato oscuro della giustizia. In un’epoca in cui i confini – geografici, morali, culturali – sono sempre più instabili, Welles ci invita a guardare in faccia l’ambiguità del mondo, senza illusioni ma con uno sguardo ancora profondamente umano.