ERIK SATIE - MAN RAY / FOREST SWORDS
INNER_SPACES AUTUNNALE 2025 - ITINERARI INSOLITI
Mercoledì, 5 Novembre
h.20.30 Auditorium San Fedele
CONCERTO
ERIK SATIE (1866-1925) – MAN RAY (1890-1976)
ENSEMBLE DISSONANZEN
Tommaso Rossi, flauti
Marco Sannini, tromba
Marco Cappelli, chitarre, live electronics
Ciro Longobardi, pianoforte
FOREST SWORDS
(deconstructed)
Una serata all’insegna dell’immaginazione visiva e sonora che attraversa un secolo di sperimentazione. In occasione del centenario dalla morte di Erik Satie (1866-1925), il programma si apre con la proiezione di due cortometraggi di Man Ray, icona del movimento Dada: Emak Bakia (1926) e L’Étoile de Mer (1928). Le opere, libere da ogni vincolo narrativo, evocano un cinema puro, visionario, costruito su suggestioni astratte, casualità e frammenti poetici.
Emmanuel Rudnitsky, in arte Man Ray (Philadelphia, 1890 – Parigi, 1976), è stato uno dei protagonisti assoluti dell’avanguardia artistica del XX secolo. Dopo essersi affermato come fotografo a New York, si trasferisce a Parigi nei primi anni Venti, dove entra a far parte della vibrante comunità artistica d’avanguardia. Qui stringe rapporti con figure come Picasso, Cocteau ed Éluard, e prende parte attiva alle sperimentazioni del Movimento Dada, condividendone lo spirito di provocazione e rottura con le convenzioni artistiche.
Il suo rapporto con il cinema nasce quasi per gioco, come lui stesso racconta nella sua autobiografia, dal desiderio di “dare movimento alle fotografie”. Nel clima di ribellione che il Dadaismo portava con sé, Man Ray aveva già sperimentato nel 1921 la tecnica del rayograph: immagini ottenute senza macchina fotografica, attraverso l’esposizione diretta di oggetti su carta fotosensibile. Questi “rayogrammi” – puramente astratti e suggestivi – segnano una liberazione non solo tecnica, ma soprattutto estetica della fotografia. Il successivo passaggio al cinema gli permette di estendere questa ricerca, dando forma a un linguaggio visivo radicalmente nuovo, libero da narrazione e logiche convenzionali.
I cortometraggi in programma seguono un doppio ordine: cronologico e formale, e rappresentano due fasi cruciali della sua sperimentazione cinematografica.
Emak Bakia (1926)
Letteralmente “Lasciatemi in pace” in lingua basca, Emak Bakia rappresenta un ritorno alla casualità e alla frammentarietà di Le Retour à la Raison, tanto da includerne alcune sequenze. Man Ray lo definisce un “cinepoema”: una successione di frammenti ottici, un’astrazione visuale interrotta da brevi inserti realistici, usati come punteggiatura. Non è un film astratto né una narrazione compiuta, ma un’opera che riflette sull’essenza stessa del linguaggio cinematografico. In un’epoca in cui il cinema muto poteva durare ore con lunghe sequenze di dialoghi “invisibili”, Man Ray rivendica per sé venti minuti per un’esperienza visuale di libera associazione, senza la pretesa di rivoluzionare il cinema industriale ma con l’ambizione di aprirlo a nuove possibilità.
L’Étoile de Mer (1928)
Con questo film, Man Ray si avvicina a una forma di narrazione poetica, rarefatta ma presente. Il soggetto nasce da una poesia di Robert Desnos, donatagli prima di un viaggio con l’impegno che Man Ray ne avrebbe tratto un film durante la sua assenza. Ne risulta una storia sospesa tra sogno e realtà, incentrata su una stella marina che Desnos conservava in un barattolo accanto al letto. Il film, velato da immagini sfocate e trasparenze, mantiene una coerenza emotiva più marcata, pur lasciando intatti il mistero e la suggestione tipici del cinema surrealista.
Musica dal vivo – una drammaturgia improvvisativa
L’accompagnamento musicale è concepito come un percorso improvvisativo, guidato dal principio della libera associazione di idee e suoni. Questa scelta si lega idealmente all’estetica dada e surrealista, nella quale l’inconscio e il caso diventano strumenti creativi. Le musiche partiranno da una “ossatura” centrale tratta dal repertorio pianistico di Erik Satie, recuperando così il suono tipico delle sale cinematografiche d’epoca, in cui il pianoforte era spesso l’unico accompagnamento.
Ma da questa base si sviluppa una “polverizzazione” del materiale musicale: motivi, accordi, strutture ritmiche vengono scomposti e rielaborati attraverso tutti gli strumenti dell’ensemble, compresa l’elaborazione elettronica. Il risultato è un continuo slittamento tra sincronia e asincronia con il film, tra fedeltà evocativa al contesto storico e interpretazione libera e spregiudicata. Un gioco visivo e sonoro, che rende omaggio allo spirito stesso di Man Ray.
La seconda parte della serata è affidata a Forest Swords, artista britannico di culto nel panorama elettronico sperimentale, con il suo nuovo live set (deconstructed). Un’immersione in geografie sonore enigmatiche, fatte di ritmi spezzati, ambient rarefatti e campionamenti distorti: un itinerario musicale intimo e perturbante, che si muove tra rovine digitali e sensibilità post-industriali.
Un doppio percorso che esplora linguaggi visivi e sonori distanti ma affini, legati da una comune tensione verso l’insolito e l’immaginario.