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25/02/2019

h.19 The Soundscape of R. Murray Schafer (ingresso libero alla lezione con Nicola Scaldaferri)
In collaborazione con l’Università degli studi di Milano

h.21 Concerto, Auditorium San Fedele

 

Ars Monodica
per voce e live electronics – prima esecuzione assoluta
Beatrice Palumbo, voce, Matteo Giuliani, compositore, Giovanni Cospito, Live Electronics

Robert Lippok
Crucifixus – prima esecuzione assoluta

 
Interpretazione acusmatica: Giovanni Cospito

Ingegnere del suono: Filippo Berbenni

 

Progetto interamente ideato da San Fedele Musica che presenterà due nuove opere commissionate dalla Fondazione Culturale San Fedele. Il programma è in forma di dittico, partendo da due grandi filoni storici della musica sacra, il gregoriano e la policoralità settecentesca.
Nella prima parte, il gruppo Ars Monodica, composto per l’occasione dalla cantante Beatrice Palumbo e dal compositore Matteo Giuliani, vincitore del Premio San Fedele Musica 2015, assistiti da Giovanni Cospito al live electronics, ricostruirà nell’auditorium San Fedele il riverbero di una cattedrale gotica per intonare composizioni del repertorio gregoriano. Senza soluzione di continuità, si succederanno un Kyrie, tratto dal Graduale Romano e la sequenza mariana O virga ac diadema composta da santa Ildegarda di Bingen.
L’inizio prevede un’introduzione musicale elettronica che ricostruisce l’ambiente acustico di una chiesa su cui si innesta il canto del Kyrie in modo stazionale. Il Kyrie eleison è una delle più antiche preghiere della liturgia cristiana. Vi sono espressioni simili in alcuni salmi e all’interno dei Vangeli: le testimonianze di un uso liturgico risalgono al IV secolo nella chiesa di Gerusalemme, e al V secolo nella messa di rito romano. È usata come preghiera litanica e risposta a determinate invocazioni. L’espressione greca Κύριε ἐλέησον di cui “Kyrie eleison” è la traslitterazione dell’espressione in latino, tradotta nella lingua italiana con Signore, pietà, con maggiore aderenza alle fonti aramaiche e alla stessa lingua greca potrebbe essere tradotta anche come Signore, abbi misericordia, o ancor meglio abbi benevolenza. Qualche teologo si è spinto fino ad una complessa traduzione: “Signore amami con tenerezza”. In realtà, questa triplice invocazione “Kyrie eleison – Christe eleison – Kyrie eleison” esprime una chiara richiesta di perdono, cui risponde una formula di assoluzione sacerdotale che termina normalmente gli atti penitenziali di rito romano. Tuttavia, è vero che questa formula, particolarmente in traduzione, presenta un carattere penitenziale, che originariamente le era secondario, come dimostra anche il ricco sviluppo musicale che il testo conosce nella tradizione musicale gregoriana. La benevolenza è un termine oggi poco usato, ma andrebbe pienamente recuperato in tutta il suo significato. La benevolenza è l’amore non centrato sul “sé”, ma sul prossimo, l’altro. Un amore frutto dello Spirito, che infonde nell’anima un senso di serenità, di tranquillità e di pace che contagia e coinvolge chi ci è vicino.
Segue il canto della sequenza O virga ac diadema di santa Ildegarda di Bingen, monaca benedettina dell’alta Renania del XII secolo, autrice di testi poetici sacri e musicista. È una composizione dedicata alla Vergine Maria, nuova Eva, riconosciuto anche durante la vita della santa come uno dei suoi migliori canti. La grazia di questa sequenza risiede nella sua composizione musicale magistrale, in quanto musica e parola si intrecciano inestricabilmente. Ildegarda di solito scrive le sue sequenze seguendo la forma più antica di versi accoppiati, in cui le due strofe di una coppia condividono una melodia comune, ma in O virga ac diadema, la santa utilizza liberamente melodie diverse per ogni coppia successiva. L’elaborazione elettronica interviene in tempo reale per mettere in evidenza alcuni elementi espressivi del testo, senza turbare l’intelligibilità e la linearità della monodia gregoriana.
Dal punto di vista poetico, la sequenza O virga ac diadema ha una struttura ad anello. L’apertura celebra l’altezza regale di Maria (1a) mentre la strofa finale (6a / b) rappresenta Maria con le immagini dell’aurora e della salvatrice. Al centro, le due coppie di versi (3a / b) riprendono l’immagine iniziale del ramoscello (virga) in fiore e della sua predestinazione (3a), cui segue l’immagine del grembo della Vergine come scrigno d’oro (3b) e della femminilità come specchio che abbraccio tutta la creazione (4a), Maria è lodata dalla musica del cielo (4b). Tra queste tre vette tematiche nascono due meditazioni speculari sulla morte da cui il grembo della Vergine e il suo frutto salvano l’umanità: da un lato, il sentiero della vita in fiore che Adamo spogliò per i suoi figli (1b-2a) è restaurato nella Vergine dal potere procreativo non delle cose create ma del divino Creatore (2b); e d’altra parte, il dolore e il dolore deplorevoli introdotti nella femminilità (in mulierem) e nella sua progenie dallo straziante abbraccio di Eva dell’ignoranza (5a / b).

Nella seconda parte, il tedesco Robert Lippok, veterano della musica elettronica, si ascolterà la creazione del nuovo live set dal titolo Crucifixus, ispirato dalla drammatica e imponente polifonia a 24 voci reali suddivisi in sei cori sulla Passione di Cristo del veneziano Antonio Caldara (1670-1736).
La composizione policorale di Caldara è una contemplazione musicale della parte centrale del testo del Credo: Crucifixus etiam pro nobis sub Pontio Pilato. Passus, et sepultus est (Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto).
Nel procedere delle frasi musicali, l’aspetto della crudeltà e l’orrore della crocifissione e della morte di Gesù vengono trasfigurati, resi portatori di un senso nuovo, scaturiti dalla presenza di Cristo. La musica di Caldara, in quel momento tragico di dolore, sofferenza e ingiustizia, immette in una dimensione di senso che stupisce, introduce una presenza che è la presenza stessa di Cristo che guarda tutto con mitezza.
La musica di Caldara, con il suo intenso movimento circolare, fa percepire la scena della crocifissione, morte e sepoltura di Cristo come un flusso che si propaga per raggiungere l’interezza dello spazio e del tempo: la croce di Cristo che abbraccia tutto e tutti.
Il live set di Robert Lippok riprende le intuizioni del musicista veneziano in un ampio affresco sonoro di 40 minuti. L’intento è di ricreare, in una prima parte, il lato disumano, assurdo e violento dell’arresto di Gesù, che passa di mano in mano, attraverso tecniche e contesti sonori provenienti dalla musica concreta e acusmatica. Per giungere, progressivamente, al centro dell’opera, a quella dinamica, mutuata da Caldara, che trasfigura la Passione, orientando l’attenzione sulla presenza di Cristo sulla croce. In questo modo, la crudeltà della crocifissione acquista una luce nuova, una mitezza che arriva improvvisamente e trasforma questo momento di sofferenza in momento di salvezza.