TOUCH 40

INNER_SPACES AUTUNNALE 2022

Lunedì 12 Dicembre

h. 20 Auditorium San Fedele

CONCERTO

GENEVA SKEEN
OZMOTIC
JACASZEK
CLAIRE M SINGER

Regia del suonoMassimo Colombo

 

L’ultimo appuntamento autunnale della rassegna Inner_Spaces, lunedì 12 dicembre, è in stretta collaborazione con il label Touch, che festeggia i 40 anni della sua nascita. La prestigiosa etichetta londinese conta nel suo catalogo artisti quali Hildur Guðnadóttir, Christian Fennesz, Mika Vainio, Biosphere, Chris Watson. Ma va anche menzionato il legame particolare di Touch con Inner_Spaces: ben dieci artisti di Touch si sono esibiti nell’auditorium San Fedele nelle precedenti edizioni: C. Fennesz, Jana Winderen, BJ Nilsen, Philip Jeck, Lawrence English, Oren Ambarchi, Ozmotic, Simon Scott, Thomas Köner, Ipek Gorgun.

Dalle 20 alle 23.30, in un percorso musicale notturno, si susseguiranno sul palco cinque musicisti e gruppi provenienti da diverse zone geografiche e appartenenti a tre correnti musicali: l’ambient a sfaccettature variabili, il minimalismo a sfondo spirituale e la registrazione sul campo.
Inizia Geneva Skeen, statunitense, ultima arrivata nella famiglia Touch. La sua musica è costruita su lunghe fasce sonore che evolvono lentamente con materiali sonori che intrecciano registrazioni sul campo (fenomeni naturali, spazi acustici diversi, riprese sonore in ambienti della vita corrente) a composizioni elettroacustiche e alla voce. L’artista predilige l’approccio sperimentale, a volte senza concessioni, inteso anche come atto di denuncia degli effetti negativi sulla vita sociale del tardo capitalismo.
Su un altro piano stilistico si pone il polacco Jacaszek. Egli opera una fusione di ambient, musica classica e musique concrète, utilizzando registrazioni sul campo, campioni acustici, testi poetici e religiosi, come pure i modelli espressivi dell’arte barocca per dipingere situazioni spesso malinconiche, nostalgiche, tragiche. Michał Jacaszek ha sviluppato metodi di campionamento non convenzionali, utilizzando registrazioni arcaiche e suoni prodotti da giocattoli, strumenti e resti di meccanismi trovati, chiamando questa tecnica “musicotronica”. Nell’ultimo album pubblicato da Touch, Gardenia, nel 2020, il musicista ha esplorato un nuovo ambito espressivo, partendo da un suo soggiorno in una riserva naturale del Sud Africa. Decine di ore di registrazioni di canti di uccelli, richiami di rane, versi di insetti, suoni della natura sono state successivamente rielaborate in veste digitale in una suite di nove brani. Nella nota di presentazione del disco, l’autore precisa: “non intendo documentare il mondo sonoro del Sud Africa o creare qualcosa di concettuale. Tutto quello che faccio nel mio lavoro è un’affermazione di bellezza nascosta in vari aspetti della creazione”
Riccardo Giovinetto e Simone Bosco hanno fondato nel 2011 il Duo OZMOTIC di musica elettronica e strumentale, ispirato ai suoni contemporanei provenienti dalla musica classica e ambient; paesaggi sonori e suoni concreti si mescolano a musica glitch, IDM e noise. Profondamente affascinato dalle dinamiche della società contemporanea, dall’architettura, dalle città e da vasti spazi incontaminati, OZMOTIC crea suoni caratterizzati da un’intensa varietà tonale e una raffinata ricerca ritmica. L’interazione tra musica elettronica e arte visiva digitale in tempo reale è un tratto essenziale dell’estetica del progetto; il legame tra il materiale sonoro e la dimensione visuale-spaziale che emerge consente la creazione di forme espressive sia spettacolari che sperimentali.
Conclude la notte di Touch Claire M Singer, compositrice e interprete di musica acustica ed elettronica, colonne sonore e realizzatrice di installazioni. La sua esperienza artistica si iscrive nell’alveo del minimalismo di matrice armonico-spettrale, con una grande attenzione sulla dimensione dell’espansione delle fasce risonanti partendo dai suoni fondamentali di strumenti acustici come l’organo e il violoncello. Il suo lavoro trae ispirazione dai contrastati paesaggi naturali della sua nativa Scozia, esplorando ricche trame armoniche con sfumature complesse che creano schemi melodici e ritmici sempre mutevoli in una prospettiva drammatica che fa scomparire in poco tempo quanto è appena emerso sul piano sonoro.

TOUCH

Touch ha sempre significato culto del suono e della variegata ricerca attorno a esso. Trentacinque anni di passione intransigente hanno reso l’etichetta londinese uno dei più solidi pilastri in materia sperimentale, nonché una seconda casa per sound artist oggi riconosciuti a livello mondiale. “Multimedia project” è, in effetti, una terminologia decisamente più calzante per coglierne l’identità, che nel tempo ha incluso anche residenze artistiche, workshop ed eventi live.

Le linee di continuità dal 1982 a oggi sono tanto evidenti quanto difficili da sintetizzare: la prima consiste nell’approccio sempre nuovo alla materia sonora, afferente a un’idea allargata di composizione che tra gli altri include la drone music, il field recording e la più ibrida contaminazione elettroacustica; una seconda coincide invece col percorso artistico del singolare designer Jon Wozencroft, co-fondatore della label, che ha “rivestito” ogni pubblicazione con creazioni visive pregnanti ed evocative.
Compilata nel corso di tre anni, “Touch Movements” è la prima antologica in forma di art book con l’intento di delineare e riassumere le straordinarie forze creative confluite nel progetto nel corso dei decenni, dai decani più affermati alle recenti rivelazioni emergenti.
Obiettivo doppiamente ambizioso, se consideriamo che la raccolta su cd si compone di 34 tracce che – escludendo brevi frammenti vocali d’archivio – hanno una durata media di circa tre minuti ciascuna: è una sfida da veri maestri condensare la propria visione nel tempo di un singolo radiofonico, specie se gli stilemi di riferimento sono intrinsecamente anti-narrativi, talvolta riferibili soltanto a se stessi.

Si può dunque agire per diretta sottrazione, come CM von Hausswolff (“Sine Missing One”, un’onda corta statica e inespressiva) o la scheggia degli ospiti speciali Wire, che gettano una distorsione lancinante e interrogativa; Chris Watson inscena una sorta di trailer cinematico (“Deepcar”, diviso tra suono in presa diretta e fredda ritmica ambient-techno), mentre la giovane Bethan Kellough schiude con immensa grazia un brevissimo spiraglio di luce tra delicati scampanellii.
Alle tante sfaccettature della manipolazione elettronica – da Mika Vainio* a Peter Rehberg e Mark Van Hoen – si affianca anche il gusto neoclassico di Hildur Guðnadóttir, Jóhann Jóhannsson e Claire M Singer, così come le estetiche pienamente conformate di luminari quali Jim O’Rourke, Philip Jeck (un tuffo improvviso nella sua allucinata “hauntology”) e Christian Fennesz (la sua personale dissezione di “Paint It Black” degli Stones, rimasterizzata dopo quasi vent’anni). Davvero originale l’utilizzo della stereofonia nel contributo di Oren Ambarchi, che sdoppiando un field recording di passi diretti verso una porta conduce a una stanza sonora in cui si fanno strada un riff rockeggiante “diegetico” e lo spessore della sua chitarra effettata.
Nelle intenzioni come nel risultato, dunque, viene a crearsi un “libro audio” che nell’apparente incomunicabilità reciproca delle sue parti instaura un proprio filo discorsivo, una visione globale e discretamente emozionale su un panorama i cui contorni sono ancora oggi sfuggenti e in costante ampliamento. Se anche l’oggetto fisico sarà un pezzo da collezione per pochi (edizione in mille copie), il documento audio rimarrà una guida ragionata e conchiusa ai suoni fondanti dell’inestimabile roster Touch (Michele Palozzo)