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17/10/2016

h.21 Auditorium San Fedele

 

Francesco Fabris
Kigen (2016, prima esecuzione assoluta) 25’
Opera audiovisiva commissionata da San Fedele Musica al vincitore del Premio San Fedele 2016

Bernard Parmégiani
Trittico acusmatico con videomapping interattivo di Andrew Quinn
Immer/sounds (1999) 11’
Espèces d’espace (2002) 22’
Rêveries (2007) 14’

Interpretazione acusmatica: Francesco Fabris, Giovanni Cospito

Ingegnere del suono: Filippo Berbenni

 

In collaborazione con Institut Français de Culture de Milan e coproduzione con Festival Milano Musica. Con il supporto di Fondazione Cariplo

 

Kigen (2016)
Liberamente ispirato al racconto della Genesi dell’Antico Testamento, Kigen (in giapponese origine) è suddiviso in sette sezioni corrispondenti ciascuna ad un giorno della Creazione.
Le durate e le dinamiche delle sezioni sono determinate seguendo delle matrici temporali derivate dalla sequenza di Fibonacci. Il brano è realizzato per quattro canali spazializzati a partire dalle caratteristiche dell’acusmonium Sator. Il live electronics è composto da una parte acusmatica accompagnata da processing in tempo reale di suoni concreti generati da oggetti rappresentanti gli elementi caratteristici di ciascun giorno della Creazione.

Bernard Parmégiani – Trittico elettronico con videomapping interattivo
Tre opere riunite in trittico dell’ultimissima produzione artistica di Bernard Parmégiani, presentate per la prima volta con l’interazione visiva in videomapping dell’artista australiano Andrew Quinn. Parmégiani è stato il più noto rappresentante della musica acusmatica, genere musicale nato in Francia a partire dalla musique concrète di Pierre Schaeffer. Tale musica è prodotta in studio mediante rielaborazione e trasformazione delle sequenze registrate e si presenta su un supporto (nastro magnetico, CD audio ecc.) che viene eseguito con un sistema audio spazializzato. Il termine acusmatico ricorda il nome dato da Pitagora al modo di insegnare la filosofia ai suoi discepoli, dietro un velo e nell’oscurità, per renderli più attenti al suo discorso. L’altoparlante è la metafora del velo di Pitagora. La musica acusmatica ha per scopo di sviluppare il senso dell’ascolto, l’immaginazione e la percezione mentale dei suoni. Un ruolo fondamentale in questo genere musicale è quello dell’interprete, che dalla consolle cura la diffusione delle opere fissate su supporto, intervenendo sul volume, sul timbro, sulla densità dei suoni e sulla loro collocazione nello spazio; tenendo conto delle caratteristiche della sala e della risposta del pubblico.

Immer / sounds (1999) 
Eseguita per la prima volta nel 1999, durante il Melbourne Immersion Festival. Parmégiani ha scritto di aver concepito la sua opera come «un’immersione nel suono, alla stregua dell’esperienza d’immersione subacquea, quando scorrono sotto gli occhi i pesci, segni di una partitura aleatoria visiva, priva di suoni ma al tempo stesso luminosa. Come i pesci non sono il mare, così i suoni non sono la musica, ma ne sono gli elementi costitutivi, seguendo un ordine, per alcuni aleatorio, per altri ben strutturato.»
Parmégiani ha creato uno spazio sonoro partendo da alcuni suoni di riferimento: scoppiettii, oggetti che ruotano, micro-suoni, cellule ritmiche. Alcuni di essi hanno la loro traiettoria, che diventa percepibile quando il suono si sposta nei diversi altoparlanti.
Il compositore invita a “immergersi nel suono”, cioè passare dal sentire all’ascolto.

Espèces d’espace (2002) 
Così lo descrive lo stesso compositore: «questo titolo, ispirato a Geroges Perec, mi ha condotto a interessarmi all’evoluzione possibile di alcuni suoni in funzione dello spazio dove appaiono. Un suono, per esempio un segnale, può spingere l’immaginazione a prolungarlo in una maniera musicale.
In effetti, l’ascolto sognante di brani acusmatici mi trascina talvolta, per gioco, a modificare mentalmente il mio punto di ascolto. Quando l’opera mi invita, io mi abbandono a un andirivieni tra un ascolto più intimo dei suoni oppure più distante: un’esplorazione dentro-fuori dello spazio in cui sono situati. Spesso ho ridotto questa nozione di spazio a un punto singolare che diventa allora un luogo in cui vivono e muoiono i suoni. L’impiego di una materiologia volontariamente eterogenea è destinata a suscitare dei contrasti che creano dei piani diversificati.
Vasti o intimi, pubblici o privati, chiusi o aperti, enigmatici o identificabili, questi spazi generano un clima sonoro specifico. Ho scelto di “rivelarli” (nel senso fotografico del termine) lentamente. Appaiono così degli spazi il cui senso è offuscato dalla comparsa di suoni eterogenei di varia origine per sottolineare la stranezza del luogo in cui vengono prodotti. Invece, altri spazi dove i segni sonori sono perfettamente identificabili, sollecitano l’immaginazione e propongono una fuga verso un “altrove”.
1. Uno spazio chiuso, teoricamente impenetrabile; quello di uno sottomarino dove si è sollecitati da suoni e rumori particolari, universo che può evocare Jules Verne.
2. Uno spazio aereo, identificabile, nella cui aria risuona il jingle che ho realizzato per l’aeroporto di Parigi Roissy.
3. Uno spazio naturale in cui l’animale comunica mediante una lingua sconosciuta agli uomini.
4. Uno spazio paradossale al tempo stesso chiuso e aperto: il teatro in cui il verbo è il re dello spettacolo.»

Rêveries (2007)
Ultima opera di Parmégiani, raccomandata dallo stesso compositore all’ascoltatore che per la prima volta si interessasse alla sua musica. Concepita come un incrocio di paesaggi sonori, è anche un riassunto onirico dell’intera opera del compositore. In essa si riconosce l’insieme delle sue modalità espressive e sonorità. Infatti, nell’arco del brano si riconoscono gli uccelli, il fuoco scoppiettante e le folle mormoranti dell’opera Dedans-Dehors; gli impatti-sonori di Point contre champs; e soprattutto il treno terribile e allucinato di L’ŒIL écoute: è proprio lui che conduce questo flusso sonoro in un unico pezzo, procedendo per metafore successive, prima di finire nei tre colpi teatrali che risvegliano e riconducono alla realtà.