ABUL MOGARD / ARVO PÄRT

INNER_SPACES PRIMAVERA 2023 - ECHI DI SPERANZA

Lunedì 13 Marzo

h.21 Auditorium San Fedele

CONCERTO

ARVO PÄRT
Spiegel im Spiegel (1978), per violino e pianoforte
Variationen zur Gesundung von Arinuschka (1977), per pianoforte
Passacaille (2003), per violino e pianoforte
Für Alina (1976), per pianoforte
Fratres (1980), per violino e pianoforte
FRANCESCO D’ORAZIO violino, ALFONSO ALBERTI, pianoforte

ABUL MOGARD
Live set

Direzione del suono: Massimo Colombo
 
12€/9€ (ridotto studenti – acquistabile solo in biglietteria Via Hoepli 3/B lun- ven 10:00 – 16:00)

La seconda tappa della rassegna INNER_SPACES per la stagione Primaverile di San Fedele Musica, è un appuntamento che prevede l’attesa esibizione di Abul Mogard (nome d’arte di Guido Zen), artista presente nelle più prestigiose rassegne internazionali di musica elettronica, ma paradossalmente assente dalla scena italiana da oltre un decennio, occasione unica offerta da INNER_SPACES per colmare questa lacuna. Anche la prima parte della serata rappresenta una novità: interamente acustica con cinque miniature di Arvo Pärt per violino e pianoforte, interpretate da Francesco D’Orazio, collaboratore di Luciano Berio nella creazione di tre delle sue opere, e dal milanese Alfonso Alberti.
Un appuntamento diviso quindi in due sezioni, una totalmente strumentale, l’altra di musica elettronica analogica, entrambe però animate da una medesima vena essenzialistica. Abul Mogard e Arvo Pärt vanno subito al sodo: mirano all’essenza del suono e al cuore del profilo tematico, senza bisogno di preamboli, manierismi o stilemi estetizzanti.

Guido Zen, in arte Abul Mogard, è un costruttore di imponenti cattedrali musicali. La sua musica merita di essere ascoltata nelle migliori condizioni per assaporare le laboriose stratificazioni acustiche, la ricchezza dei dettagli sonori e le minime variazioni timbriche di cui sono costantemente assortite le sue strutturate improvvisazioni. Il sistema spazializzato dell’acusmonium Sator di San Fedele è lo strumento più idoneo per trasmettere all’ascoltatore la vitalità dei lunghi processi compositivi di ascendenza ambient materico. L’artista romano costruisce molti degli strumenti analogici da lui usati: compressori, filtri, preamplificatori per arrivare al sintetizzatore modulare. Il suo complesso strumentario viene pilotato dal computer. Il risultato è un viaggio nella percezione sensoriale che attraversa la materia ambient. In una recente intervista, Guido Zen dichiara: “In genere cerco di avere a disposizione più elementi possibili per costruire e decostruire i brani durante il concerto. Alcuni elementi sono parti originali che vengono manipolate dal vivo e che ritengo essenziali per la composizione, altri sono temi o suoni generati da sintetizzatori ed effetti in tempo reale. Mi piace poter avere un concerto dinamico e seconda del posto e dell’atmosfera, mi faccio guidare dall’energia in sala per modulare questi elementi”.
Accanto al musicista romano, una prima parte strumentale di trentacinque minuti con cinque opere di Arvo Pärt, quasi tutte del debutto della fase tintinnabuli tra il 1976 e il 1980, eseguite da due maestri della nuova musica: Francesco D’Orazio al violino e Alfonso Alberto al pianoforte. L’arte compositiva del musicista estone è di tipo sottrattiva, consiste nello scavare ininterrottamente per scartare quasi tutta la materia fino a lasciare solo l’essenza, il nocciolo, l’ossatura attraverso l’uso di una figura, di una frase abbozzata, di un sussurro, di un tintinnio. Una prospettiva artistica che deriva dall’antica preghiera cristiana nella tradizione ortodossa, ridotta e condensata nell’invocazione del nome di Gesù conservata nella preghiera perpetua del cuore, l’esicasmo: Κύριε Ἰησοῦ Χριστέ, Υἱὲ Θεοῦ, ἐλέησόν με τὸν ἀμαρτωλόν (Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore).
Quattro delle opere eseguite fanno parte della svolta compositiva del musicista estone, quando nel 1976 scrive Für Alina (1976), per pianoforte, inaugurando un nuovo processo che Arvo Pärt chiamerà tintinnabuli. Due voci evolvono omoritmicamente (come nel primo contrappunto della musica Occidentale, gli organa di Pérotin, “nota contro nota”). Una voce è melodica, costruita attorno a un centro (il “centro melodico”). Questo centro è talvolta il punto di partenza o di arrivo, spesso comprende scale diatoniche ascendenti o discendenti. L’altra voce è armonica e “tintinnante” come una campana (cioè si ostina a ripetere una sola nota o i suoi armonici), in realtà arpeggia le note di un accordo perfetto, minore o maggiore. Il tutto è profondamente diatonico e quindi tonale, volutamente ingenuo, immobile (ostinato), monolitico. La melodia, spesso molto unita, si dispiega a poco a poco intorno al centro, è variata da effetti contrappuntistici, spesso speculari. Il ritmo è lento, il tempo è generalmente regolare, la trama è spesso risonante (questo è di nuovo il lato “tintinnante”). Gli attriti diatonici di semitono o tono sono molto spesso ricercati tra la voce melodica e la voce tintinnabuli che invariabilmente sgrana il suo arpeggio. È dunque una lirica tensione tonale quella che si perpetua, “immobile eppure eternamente variata”,
Tra tutte le opere eseguite nella serata spicca Fratres, scritta per il violinista russo Gidon Kremer nel 1980. Lo scarno profilo della figura tematica viene a volte tracciato a nudo, a volte in stile figurato e anche sviluppato e dinamizzato con arpeggi dal tratto virtuosistico, ma in un ambito ridotto, litanico, tipico dell’orazione.
 
BIOGRAFIE    
Alfonso Alberti suona (il pianoforte) e scrive (libri sulla musica). Sua grande passione è la musica d’oggi, nella convinzione che essa sia un’opportunità formidabile per capire il tempo che ci troviamo a vivere, e noi stessi che viviamo in questo tempo. I suoi programmi da recital amano tessere rapporti fra le diverse epoche, con l’intento di mostrare l’unità del percorso storico musicale. Alfonso Alberti ha suonato in luoghi come il Konzerthaus di Vienna, il LACMA di Los Angeles, la Sala Verdi del Conservatorio di Milano, la Cappella Paolina del Quirinale, il Teatro Bibiena di Mantova, la Tonhalle di Düsseldorf; fra i direttori con cui ha collaborato vi sono Tito Ceccherini, Gustav Kuhn, Yoichi Sugiyama, Arturo Tamayo, Pierre-André Valade. Ha pubblicato più di venti dischi solistici e cameristici, ultimo fra questi il cd per pianoforte e orchestra Giorgio Gaslini – Murales Promenade, edito da Stradivarius (Orchestra Haydn di Bolzano e Trento, direttore Yoichi Sugiyama). Per la stessa etichetta, il cd col Concerto per pianoforte e orchestra di Goffredo Petrassi (Orchestra della RAI, direttore Arturo Tamayo) ha vinto il Premio della critica come miglior disco 2012 in Italia. Un’intesa musicale e umana particolarmente significativa lo ha legato a Giorgio Gaslini, che gli ha dedicato i suoi ultimi brani per pianoforte e il Concerto per pianoforte e orchestra. Fra i suoi libri: La rosa è senza perché. Niccolò Castiglioni, 1966-1996 (LIM), Vladimir Horowitz (L’Epos) e Le sonate di Claude Debussy (LIM). Alfonso Alberti ama il genere del concerto dialogato, in cui presentare al pubblico i caratteri mutevolissimi del repertorio pianistico e offrire chiavi di lettura sempre nuove. Il suo ideale è un ascolto consapevole che si addentri sempre più a fondo nei significati della musica e nei suoi labirinti. Nel 2010 il canale televisivo Sky Classica gli ha dedicato un documentario per la serie Notevoli. Dal 2017 è uno dei conduttori delle Lezioni di musica di Radio3. Di questo stesso anno è la sua prima raccolta di poesie, Due, volume a quattro mani con Gianni Bombaci per l’editore Il Raccolto. Del 2019 è una plaquette con cinque sue poesie e tempere originali di Adalberto Borioli.


Francesco D’Orazio
Nato a Bari, si è diplomato in violino e viola sotto la guida del padre, perfezionandosi con Carlo Chiarappa e Cristiano Rossi e successivamente con Denes Zsigmondy presso il Mozarteum di Salisburgo e Yair Kless presso l’Accademia Rubin di Tel Aviv. Il suo vasto repertorio spazia dalla musica antica eseguita con strumenti originali alla musica classica, romantica e contemporanea. Numerosi compositori hanno scritto per lui lavori per violino e orchestra, tra cui Ivan Fedele, Terry Riley, Brett Dean, Fabio Vacchi, Lorenzo Ferrero. Luis De Pablo gli ha dedicato il suo ultimo brano violinistico “Per Violino”. Di particolare rilievo è stata la sua lunga collaborazione con Luciano Berio del quale ha eseguito Divertimento per trio d’archi in prima mondiale al Festival di Strasburgo, e inoltre Sequenza VIII al Festival di Salisburgo e Corale per violino e orchestra alla Cité de la Musique a Parigi. Ha tenuto concerti in tutta Europa, Nord e Sud America, Messico, Australia, Cina e Giappone ed effettuato registrazioni discografiche per Decca, Opus 111, Hyperion, Stradivarius e Amadeus. E’ stato ospite di prestigiose istituzioni quali il Teatro alla Scala di Milano, la Philharmonie di Berlino, l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Royal Albert Hall e Cadogan Hall a Londra. Nel Marzo 2011, diretto da Lorin Maazel, ha tenuto a Washington il concerto celebrativo in USA per i 150 anni dell’Unità d’Italia suonando per l’occasione lo Stradivari 1727 dello stesso Maazel. Ha tenuto concerti con la BBC Symphony Orchestra, la London Symphony, l’Orchestra Filarmonica della Scala, l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, i Berliner Symphoniker, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI. Francesco D’Orazio è stato insignito del XXIX Premio Abbiati della Critica Musicale Italiana quale “Miglior Solista”, primo violinista italiano a ricevere questo prestigioso riconoscimento dopo Salvatore Accardo nel 1985.

Abul Mogard
Guido Zen è un musicista e produttore elettronico italiano con sede a Roma e Londra. Il suo percorso inizia come fonico nella zona ovest di Londra a metà degli anni Novanta, mentre i suoi progetti musicali cominciavano a prendere forma. Le sue prime uscite risalgono al 1997. Nel 1999 ha fondato il duo Gamers In Exile e la loro etichetta Unbearable Recordings che ha pubblicato una lunga serie di album della loro musica e di altri artisti. Si è esibito ad Art Basel e alla Biennale di Venezia e ha collaborato con Goodiepal, V/Vm, Kevin Blechdom e Seahawks. È anche un membro della band cosmica Brain Machine. Ha lavorato su installazioni sonore interattive per il museo MAXXI di Roma, i negozi Burberry e la sfilata di Pitti e le sue colonne sonore includono la musica per il film “Biutiful Cauntri”, che ha vinto diversi premi tra cui il Nastro D’Argento come miglior documentario in Italia. Guido Zen è un autodidatta e la sua costante ricerca di una nuova tavolozza sonora lo ha portato a costruire i propri strumenti di software e sintetizzatori e moduli analogici che utilizza ampiamente nel suo lavoro.
    
Arvo Pärt è nato nel 1935 in Estonia. Si iscrisse al Conservatorio di Tallinn nel 1954. Oltre agli studi di composizione con Heino Eller, il suo curriculum comprendeva lezioni come “la scienza dell’ateismo”. Ha imparato da solo le tecniche della musica a dodici toni, uno stile liquidato dalle autorità sovietiche come “formalismo borghese”, da un libro di testo di Eimert e Krenek. Dal 1957 al 1967 lavora come tecnico del suono alla radio nazionale e compone le sue prime colonne sonore. Rimane attivo come compositore di film fino ad oggi e le sue opere preesistenti sono spesso utilizzate nel cinema, ad esempio Für Alina in Gerry di Gus van Sant (2003) e Fratres in There will be blood (2007). Fu in particolare attraverso le sue collaborazioni con registi dopo il 1963, anno della sua laurea al conservatorio, che ottenne il riconoscimento come “compositore professionista”. La sua cantata per coro di bambini, Meie Aed, vinse il primo premio al “All-Union Young Composer’s Competition” del 1962, dove fu lodato anche il suo oratorio Maailma samm; tuttavia, il suo lavoro orchestrale Nekrolog è stato criticato per il suo uso del serialismo dodecafonico. Nell’atmosfera più liberale degli anni ’60, i successivi esperimenti di Pärt con il serialismo, in particolare nelle sue prime due sinfonie, godettero di esecuzioni pubbliche. Tuttavia, ben presto si allontanò dai confini della tecnica a favore della creazione di collage musicali. Lo scandalo che derivò da un’esecuzione del suo Credo nel 1968 fu molto più il risultato della dichiarazione di fede religiosa del compositore che del suo uso dell’atonalità. Seguì un periodo di crisi esistenziale e di estrema insicurezza creativa, aggravato da problemi di salute, durante il quale Pärt si impose uno stile di vita di ascetismo religioso e silenzio contemplativo. Durante questo periodo, ha intrapreso uno studio rigoroso della musica francese e franco-fiamminga del XIV, XV e XVI secolo. Si è unito alla chiesa ortodossa russa e ha sposato la sua seconda moglie, Nora, nel 1972. Nel 1976 la sua estetica è cambiata radicalmente. Oltre a segnare una rottura totale con il passato, l’emergere della nuova forma di postmodernismo musicale di Pärt, che chiamò tintinnabuli (“Campanelle” in latino), segnò l’inizio di un periodo di prodigiosa creatività, durante il quale furono composte le sue opere più celebri: Für Alina, Cantus in Memoriam Benjamin Britten, Fratres, Sarah Was Ninety Years Old e Tabula Rasa. Il suo nuovo stile fu inizialmente rifiutato in Occidente a causa della sua tonalità ingenua, e nell’Est Europa per il suo misticismo di fondo. Nel 1980, visse brevemente in Austria, prima di trasferirsi definitivamente a Berlino nel 1981 grazie ad una borsa di studio tedesca. Il periodo tedesco di Pärt vedrà il continuo sviluppo del suo stile maturo. Gli anni ’80 sono stati in gran parte dedicati alla composizione di opere vocali sacre, per lo più in latino ma anche in tedesco, inglese e russo. La sua musica ha riscosso particolare successo nel mondo anglofono.